Anatomia dei limiti.

Al inizio di Tutto il tempo non esisteva. Esisteva solo un grande e unico IO. Un IO senza corpo. Un IO immortale. Un IO assolutamente felice.

Un IO esclusivamente pensante. Pensando, l’IO avrebbe voluto sapere Chi è ? Com’è ? Dov’è ? Quanto è ? Ma non poteva misurarsi. In quanto lui era Tutto. Tutto ciò che esisteva.

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E Nulla esisteva al di fuori di lui.

Per capire il proprio mistero, l’IO pensante ebbe un idea. Di dimenticare tutto ciò che lui era. Dimenticare la sua natura divina. Penso di poter scendere per osservarsi meglio e capirsi. Per trovare un punto piu basso da quale partire.

Quel punto era il punto del ILLUSIONE. Lui lo sapeva. Ma li sarebbe servito per avere da dove tornare a salire ed essere se stesso.

Volutamente caduto nel gioco del illusione l’IO accettò il suo limite . Era il limite della Non-Conoscenza.

Quel limite disegna l’anatomia di un corpo imperfetto e limitato. Potenzialmente mortale.

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Cosi, guardandosi allo specchio da lui creato l’IO si vede per la prima volta.

Nel guardarsi, simmetrico e assimetrico, perfetto e imperfetto, l’IO si dedica alla Conoscenza di Sè.

Inizia a volere capire meglio CHI è ! Per poter definirsi. A sè stesso.

L’anatomia dei limiti , dei suoi limiti diventa il suo gioco nel conoscersi.

Per conoscersi meglio e riflettersi all’infinito l’IO si posizionò in mezzo a due specchi.

Il primo era il riflesso del Sé.

Il secondo lo riflette e lo rispecchia riposizionato correttamente riportandolo al punto dove lui è.

Il doppio riflesso lo aiuta a riscoprire SE STESSO al IO. Ed eccolo come l’IO da Tutto ciò che era ora è diviso tra un IO RIFLESSO e un SE STESSO limitato anatomicamente.

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Cosi inizia il suo conoscersi.

Dalla Conoscenza spunta fuori la prima certezza : dimenticando SE STESSO , L’IO altera la sua memoria ma non la sua natura. La sua natura rimarrà sempre divina.

Poi la seconda certezza : la convinzione che l’IO sarebbe diventato nuovamente e felicemente Coscienza di Tutto ciò che è ! Una volta presa Coscienza di com’è, dov’è e quanto è.

La terza certezza è che la felicità è una condanna , una condizione sine qua non dalla quale non si può ne disdire e ne prescindere.

È cosi che l’Io diventa ESSERE .

Essere per ciò che li compete.

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